La madre, quando il piccolo Bert ha 3 anni e mezzo lo trova con la mano al pene. "Se fai questo, faccio venire il Dr.A. e lui ti taglierà… il fapipi. - minaccia - con che allora farai pipi ?"
"Con il popò" risponde Bertl senza il minimo senso di colpa.
"Ti ho forse mai picchiato?" chiede il padre "Oh, sì" dice Bertl "Non è vero - quando?" "Stamattina " ammonisce il piccolo e il padre si ricorda che Bertl, la mattina, del tutto inavvertitamente gli aveva spinto la testa nella pancia (in den Bauch gestossen) e che lui, di riflesso, gli aveva dato uno scapaccione con la mano.
Riferisce il padre: "Stamattina Bertl viene nella camera e racconta : "Senti, ho pensato una cosa: Sono nella vasca da bagno, viene il magnano, il fabbro (SCHLOSSER letteralmente chi apre le serrature, tiene le chiavi quindi) - il mastro chiavaio e la svita. Allora prende un grande trivello (BOHRER) e mi spinge nella pancia."
Ancora un mese più tardi, Herbert viene dal padre e dice :
"Oggi ho pensato qualcosa". Prima dimentica più tardi racconta con notevole resistenza:
"E' venuto l'installatore e con delle tenaglie mi ha dapprima preso via (weggenommen) il popodl (Podl) poi mi ha dato un'altro e poi il fapipi. E ha detto 'fai vedere il popodl' e ho dovuto girarmi e lo ha tolto, e poi ha detto fai vedere il fapipi."
Già da molto, da subito, vi sarete resi conto che il piccolo del quale parlo è il piccolo Hans il quale in realtà si chiamava HERBERT GRAF. Tutto lascia supporre che in quella Vienna, così amante delle finali da vezzeggiativo fosse stato chiamato Bert o Bertl.
I frammenti che vi ho riportati sono tra i più importanti per quanto riguarda la questione di Bertl in particolare, e della fobia in generale. Danno i punti a partire dei quali si può tracciare il circuito che fa, compie, Bertl per la soluzione del suo complesso di castrazione.
Come avere non solo accesso alla castrazione (simbolica) ma riceverne il dono dal padre ricevendo così la possibilità di identificazione sessuata, se non vi è un padre reale abbastanza "forte" a farne il dono; un padre che accetta egli stesso di rischiare l'evirazione e che dimostra ciò comportandosi con sua moglie come si deve, indicando con questo la sua propria dipendenza dal significante.
Questa è la questione fondamentale, cruciale della fobia, perché‚ in mancanza di un tale padre è proprio l'oggetto fobico che supplisce alla mancanza dell'Altro, oggetto che assume la funzione del fallo GRAN PHI ma solo in quanto che prende il valore di tutti i significanti e quello del padre all'occorrenza. Torneremo su questa questione oggetto-significante più tardi.
Questa è una delle accezioni possibili della frase di Lacan che recita: "L'oggetto fobico è un significante tutto fare per supplire alla mancanza dell'Altro". L'altra accezione è che questa mancanza dell'Altro si riferisce alla madre. La mancanza di un suo fallo alla quale il bambino supplisce essendo lui quel fallo immaginario che non le manca più se il bambino lo è.
Ma andiamo per ordine e torniamo al nostro testo di Bertl.
Nel primo episodio "il Dr. A ti taglierà il fapipi..." Herbert compie un primo giro su se stesso rispondendo allo stesso livello della madre: il fapipi come solo organo di fapipi che hanno anche le donne (la madre) e cui funzione può quindi anche essere svolta dal popo - quel popodl che poi nel ultimo sogno/fantasma verrà sostituito del tutto. E' qui che Bertl acquisisce il complesso di castrazione la cui angoscia, ci dice Freud in un altro luogo, non si presenta mai tanto alla luce del giorno quanto nella fobia anche se tanto nell'isteria quanto nell'ossessione essa è alla base di ogni formazione di sintomo. Non per niente la fobia è la forma più radicale della nevrosi.
Sono le prime sensazioni orgastiche di Bertl che portano la sua mano al pene, ed è al Dr. A. che la madre attribuisce un'eventuale "castrazione", ad un terzo, certo, ma non è il padre.
Bertl, invece, fa di tutto per sollecitare una "punizione" da parte del padre, non per avere un padre severo, ma per avere un padre rivale nei confronti della madre. Gli mostra che cosa si tratta di fare ottenendo anche una reazione del padre - che dice in tono di scusa "reazione riflessa"; mi riferisco all'episodio in cui Bertl gli spinge la testa nella pancia, così come più tardi nel sogno, nel fantasma, il trivello gli viene spinto nella la pancia. ("stosst...in den Bauch"). Bert usa infatti la stessa parola "stossen" per dire: è così che devi fare con la mamma! Mostrami, mostrando a lei che sei tu il detentore del fallo sufficiente per soddisfarla.
Solo in tal modo il bambino può sentirsi protetto contro il capriccio di quell'Altro che è la madre e per la quale il suo piccolo pene è un oggettino carino "il Pischl" che da valore al Bertl tutto intero, mentre le sensazioni che ne provengono sono delle porcherie, il desiderio è quindi bandito e disprezzato. Il suo fapipi è insufficiente - è il padre che ha dato alla madre un'altro bambino - e questa insufficienza non è nemmeno simbolizzata. La fobia non è altro che protezione contro il desiderio inassimilabile, mantenuto in un rapporto di angoscia, là dove la legge del padre è inarticolata, il padre è carente.
Già sotto la penna di Freud possiamo trovare una simile interpretazione della fobia se accettiamo di leggerlo con Lacan per non smettere di stupirci di ciò che ha scritto, detto a sua propria insaputa.
L'ho trovato facendo una piccola ricerca sulla fobia nei suoi diversi scritti. Dice in "Inibizione Sintomo Angoscia" :
“SE il piccolo Hans, il quale è innamorato di sua madre, mostrasse paura davanti al padre, non avremmo alcun diritto di attribuirgli una nevrosi, una fobia. Ci troveremmo davanti ad una reazione affettiva comprensibile. Ciò che la rende (la reazione) nevrosi è unicamente e semplicemente un altro tratto: la sostituzione (ERSETZUNG) del padre con il cavallo - in altre parole la necessità di un oggetto fobico perché il padre non fa, non provoca paura, non è rivale nella situazione edipica. - Freud continua: E' allora questo spostamento che produce ciò che ha diritto al nome di sintomo - e di fobia.”
Ho certo adoperato qui una lettura analitica: spostando a mia volta il peso su SE avesse paura. E' d'altronde questo il tipo di lettura che Lacan ci invita a fare, ammonendo proprio nella 'Relation d'Objet', che per capire bisogna vedere degli schemi (di frase) all'inverso, perché è nella natura stessa del significante di presentare le cose in un modo strettamente operatorio, operativo. Avrò ancora occasione di farlo qui...
Freud poi aggiunge in questo passo che lo spostamento viene reso possibile dal fatto che il modo di pensare totemico è ancora facilmente animabile nei bambini, poiché da parte sua l'abisso tra l'essere umano e l'animale non è ancora riconosciuto.
L'animale può quindi rappresentare un VATERERSATZ, un sostituto del padre, come lo è del resto in quel mito del quale Lacan dice che è forse l'unico vero mito dell'epoca moderna e che è stato Freud a crearlo: TOTEM E TABU.
In TOTEM & T troviamo molti passi sulla fobia, è forse un testo fondamentale per chi si occupa di questo tema. Userò qui solo un brano breve a partire dal punto in cui Freud ci ha già presentato l'uccisione del padre, l'unione dei fratelli, il tabù dell'incesto e quindi il patto di rinunciare al possesso della madre con il conseguente comandamento dell'esogamia. Durante il periodo di matriarcato che era seguito, il ricordo del padre continua a vivere; viene trovato come sostituto del padre un animale forte, forse sempre temuto, dice Freud. Se una tale scelta ci può sembrare strana bisogna ricordare che la scissione tra animale ed essere umano non esiste ancora per i primitivi così come non esiste per i nostri bambini "le cui fobie davanti ad animali TIERPHOBIEN abbiamo potuto comprendere essere paura davanti al padre" VATERANGST!
Ma ecco che vi chiederei molta attenzione perché si tratta di vedervi quell'inverso del significante di cui vi ho parlato poc'anzi: VATERANGST in tedesco è una parola che può essere tradotta in modi diversi; è: sia l'angoscia davanti al padre che l'angoscia del padre, sì, proprio quella che lo stesso padre prova! E sono anche queste due accezioni che si tratta di applicare nel caso della fobia perché ci fornisce una preziosa chiave: ciò che preclude al piccolo Herbert l'accesso alla castrazione, ciò che rende necessaria la sostituzione della funzione che il padre non svolge con un oggetto fobico, è proprio l'angoscia del padre stesso. E di quale angoscia può trattarsi se non di quella davanti alla propria castrazione? Non rischiando lui stesso l'evirazione non può dare al figlio questa possibilità di sostituzione: il pene può essere tolto, per essere poi reso, simbolicamente, per essere 'messo in riserva' per un 'uso' futuro al di fuori del circuito familiare.
E'la VATERANGSTla paura del padre che lascia Bertl in balia del suo innamoramento per la madre; sentiamo anche qui nella parola tedesca MUTTERVERLIEBTHEIT la doppia possibilità di traduzione che è: sì, l'innamoramento che il piccolo Herbert sente per sua madre, ma è altresì l'innamoramento della madre per suo piccolo provvisto di un pene tanto carino. Bertl è in intero l'oggetto della MUTTERVERLIEBTHEIT, è il fallo della madre che tappa il buco della sua mancanza. O, in altre parole, il figlio viene preso come metonimia del desiderio di fallo della madre e non come metafora dell'amore della madre per il padre.
Ma eravamo partiti dal terzo episodio della storia di Herbert, il fantasma del fabbro, mastro chiavaio, che svita la vasca ed è ora di tornarci su perché esso annuncia il movimento che prende il circuito di Herbert per compiere ugualmente il giro del complesso di castrazione, e, anche se non lo compie completamente, dice Lacan, fa quanto basta per prendere il ritmo e passare al movimento che lo porterà oltre.
Tratterrò rapidamente gli ultimi due episodi.
Qui solo l'osservazione che quel terzo atteso che viene per svitare la vasca da bagno non è lo stagnaio come dice l'edizione italiana, ma è il magnano, fabbro, meccanico che sono tutte le possibilità che ho trovate nel dizionario per tradurre quel SCHLOSSER così significativo perché letteralmente è "colui che si occupa di serratura - Schloss"- il mastro chiavaio quindi, che ha la chiave ? - del problema di Herbert o piuttosto dell'avviamento verso una soluzione. Lui, il mastro chiavaio, può aprire svitando, e poi nel fantasma corrispettivo l'installatore può istallare! Ma quale è il suo strumento, la sua chiave per così dire? È il famoso BOHRER trapano, trivello, che insieme alla ZANGE tenaglie, pinze del secondo sogno ha avuto tante pagine di commento nel seminario di Lacan, il cui sunto è: chi viene svitato e forato è la madre di Hans; ci troviamo nell'Edipo inverso: Bert è al posto della madre e mostra al padre cosa deve fare: metterglielo una volta per tutte là dove si deve.
Riteniamo qui che l'etimo di BOHRER (trapano, trivello) contiene già in sé e per sé due accezioni: È sia lo strumento appuntito che fora ma è anche "pharo" cioè fessura, apertura, bocca, - foro.
Cioè: ciò che è strumento che incide può allo stesso tempo essere esso stesso scisso, mancante: castrazione simbolica.
Dopo questo sogno Bertl si può avviare verso la sostituzione necessaria e che rende inutile l'oggetto fobico. E' il suo podl che viene sostituito, quello che lui stesso aveva sostituito nella sua risposta alla minaccia di taglio pronunciata dalla madre. Gli vengono chiesti diversi giri per "far vedere" e per "prendere via", infatti egli usa la stessa espressione "mi prende via il podl" (wegnehmen) che viene usata per dire "il Prof. Freud prende via la stupidaggine, la fobia".
E il fapipi ? non lo si sa, la frase rimane così: e il Wiwimacher ..., può anche non esserci se viene reso, simbolicamente. Il giro del passaggio ha preso l'avvio...
Lasciamo ora, almeno per un attimo, il piccolo Bert.
Ho parlato ripetutamente del circuito di Herbert, del cerchio tracciato, e per parlare di fobia ho scelto il titolo "Il cerchio magico", titolo che devo ad uno scritto di Lucien Israel. Certo, sono importanti i circuiti effettivi, i cerchi significanti che tracciano il camino verso una soluzione nel caso del piccolo Herbert, ma c'è dell'altro: il cerchio è sicuramente la forma geometrica che più si addice a dare una qualche immagine della fobia. Il cerchio ha un interno rassicurante, autosufficiente, un bordo e un esterno spesso ostile, angosciante ma contro il quale protegge. Basta rimanere all'interno - anche all'interno di un certo cerchio o una certa cerchia di persone, come si dice,- e si è tranquilli, non c'è angoscia; è magico per questo, il cerchio: basta che vi sia e il resto è libero dall'angoscia per il fobico, la cui paura si può concentrare su un unico oggetto (anche se è di una serie, come vediamo negli animali fobici dei bambini) o su un'unica situazione.
E se cerchiamo di seguire il significante: cerchio, il suo etimo, arriviamo alla sfera, al cerchio diventato tridimensionale; non lo diventa anche il disegno di Bertl, quello che fa della giraffa che poi accartoccia in una palla di carta? Tutto questo lo troviamo nei miti della Grecia antica. Nel suo seminario sul transfer Lacan dedica tutt’una lezione alla “DERISIONE DELLA SFERA” .Ne IL TRANSFERT, si trovano diversi passi sulla fobia e sul piccolo Hans. Non li svilupperò qui - che sia solo nutrimento per la vostra curiosità. Ma dello sphairos, sì, vi devo riferire.
Lo sphairos è una forma molto frequente che addirittura ossessiona il mondo antico. Vi è lo sphairos di Empedocle, quello descritto da Platone nel Timeo, e poi quello di Aristofane nel Simposio. Tutti hanno comunque in comune di illustrare la forma perfetta, autosufficiente, contenta, piena, il cui movimento circolare è altrettanto perfetto, unico. Insomma, vi è tutto quello che fa dire a Lacan che questa forma, dove niente oltrepassa‚ si lascia agganciare, ha il suo fondamento nella struttura immaginaria. E da dove proviene l'adesione, diciamo, affettiva, a queste forme così perfette? se non dalla VERWERFUNG della castrazione? Dalla forclusione della castrazione, dice Lacan.
Lacan si riferisce particolarmente al poeta comico Aristofane che secondo lui parla dell’amore meglio di chiunque altro. Aristofane si occupa di quello sphairos che Freud descrive anche in AL DILA DEL PRINCIPIODI PIACERE. Vi sono tre tipi: femminile, maschile e androgino; all'esterno hanno dei piccoli piedi, membri che girano e puntano e poiché per il resto sono doppi in tutto, un giorno vengono scissi. Da quel momento in poi i due emitondi si cercano, cercando di raggiungersi in un disperato abbraccio, di cui in un tempo mitico moriranno, sono destinati ad un vano sforzo di procreazione qui in terra. Come allora si risolverà la questione ?
Allora là, Aristofane, ci dice Lacan, parla esattamente come il piccolo Hans !
Saranno loro svitati i genitali, che hanno in un posto sbagliato, all'esterno, da quando erano ancora tutto tondi, e saranno riavvitati sulla pancia, ed ecco fatto, come nei sogni/fantasma riportati da Freud.
Troviamo quindi sotto la penna di Platone un bellissimo esempio del complesso di castrazione: di qualcosa che può essere tolto per poi essere 'reso meglio'! cosa vuol dire? Perché un appagamento amoroso sia possibile, ci vuole qualcosa che perlomeno abbia un rapporto con un'operazione che riguardi i genitali... E Lacan non manca di ricordarci che qui è l'unico punto in cui Socrate parla di genitali riguardo ad un tema così grave come l'amore.
Dopo quell'operazione di sostituzione - metaforica - dei genitali non vi è quindi più bisogno di fobia, di oggetto fobico per supplire alla mancanza di un padre reale che faccia dono di castrazione al figlio. L'oggetto fobico supplisce alla carenza dell'intervento paterno solo in quanto messo in funzione di significante, speciale, come quello del nome del padre, capace quindi di instaurarlo in quanto soggetto sottomesso al significante.
L'oggetto fobico è un tale significante; non è un oggetto materiale, ma un oggetto messo in funzione di significante; è inoltre preso da una lista. Nel caso del nostro piccolo Herbert non vi è migliore esemplificazione di questo che ciò che fa con uno dei suoi animali fobici, la giraffa: è un'animale che si trova in un quadro sopra il suo letto, il padre glielo disegna e Bert aggiunge un tratto spezzato in due raffigurando il fapipi; poi, per descrivere le due giraffe "verwutzelt" di uno dei suoi sogni importanti li trasforma in semplice palle di carta... Ci servirà ancora, questa osservazione..
Ora, una cosa che mi ha sempre intrigata è che Lacan, parlando di fobia, negli Scritti, per esempio, parla di "blasone della la fobia” annovera il suo oggetto quindi tra gli oggetti araldici.
Che cosa è un blasone? L’etimo è sconosciuto, ma nel dizionario si trova una bellissima descrizione di Victor Hugo: "Sono i geroglifici della feudalità". Definizione che non potrebbe non trovare tutta l'approvazione di Jean Allouch, che nel suo articolo "Le pas de barre de la fobie" (La non-barra della fobia) ci ricorda che gli elementi componenti del blasone sono oggetti messi in rapporto con degli elementi della lingua parlata, del nome parlato, le armi vi sono dette parlanti. Sono un rebus che dà a leggere il nome del loro possessore. Un esempio ne è RACINE - rat - cygne (ratto cigno). Oppure RONCI G LIONE.
Il disegno dell'animale nel blasone non rappresenta quindi l'oggetto stesso ma è la scrittura del suo nome.
Ricapitoliamo: l'oggetto fobico è significante, è preso da una lista, è blasone, e ciò che conta non è l'oggetto stesso ma la scrittura del suo nome.
Che cosa possiamo trovare in Freud?
Quando ci parla dell'animale totemico, dell'animale fobico del bambino ci dice che viene spesso preso dal libro illustrato o dal libro delle favole, quindi visto e raccontato!
In modo divertito racconta poi che certi elenchi delle fobie esistenti sono degni dell'elenco delle 10 piaghe egiziane, sono solo più lunghi. Mi dispiace non poter entrare qui in merito alle 10 piaghe - è come ogni osservazione in apparenza laterale di Freud, un'osservazione insospettatamente e oltremodo pertinente - rifletteteci ! prima gli insetti, la tempesta e il buio e poi l'uccisione del primogenito - castrazione del padre...
Ma arriviamo allora all'animale araldico della fobia del piccolo Herbert; ritengo che possiamo designare, leggere due blasoni: il primo è naturalmente il cavallo e il secondo è la giraffa, animale questo, che secondo me, denota una progressione nello sviluppo della cura del piccolo Herbert.
Ho ancora bisogno per un po’ del massimo della vostra attenzione per presentarvi qui un’ipotesi :
Il primo animale, il cavallo, in tedesco è PFERD pronunciato Fert che si può scrivere anche Vert. Hans in realtà si chiama Herbert, probabilmente chiamato Bert o Bertl, così come a tratti il cavallo viene chiamato PFERDL.
Allora non possiamo vedere proprio davanti a noi il blasone del piccolo Herbert.: la scrittura del suo nome, rebus che include nella pronuncia la lettera iniziale dell'appellativo del padre V(F)atti. E che cavallo poi, un SIGNOR CAVALLO: HERR (B)VERT !
Dicevo che il secondo blasone è la giraffa che Herbert trova nel disegno sopra il suo letto accanto all'elefante - ma lui sceglie la giraffa, sia per un episodio fobico sia per il sogno sulle "verwutzelte Giraffe" - è anche l'animale del primo disegno che il padre gli fa. Ma soprattutto è l'animale che lui stesso rende significante tramite il disegno e la riduzione a palla di carta sulla quale si siede per possederla.
Nel disegno che ne fa il padre, manca secondo Herbert, il fapipi e così chiede al padre di aggiungerlo. Nella scena vi è un piccolo battibecco: "disegnalo tu - no tu - fallo tu stesso". Alla fine tocca ad Herbert: lo disegna come vero e proprio fallo: barra di significante prima piccola, poi più grande, e commenta aggiungendo il secondo pezzo "il fapipi è più grande" !
In questo gesto, secondo me, possiamo già leggere ciò che ha portato alla fobia: Herbert aspetta dal padre di ricevere questo fallo significante per iscriversi in una lista e staccarsi dalla madre. Ma Bertl deve arrangiarsi da solo a rendere l'oggetto significante.
Torniamo alla GIRAFFE*, oggetto araldico: il blasone GIRAFFE, quella presa dal primo disegno del padre, è quello che designa allora il blasone della "guarigione" ed è la scrittura del cognome (GiRAFfe – GRAF) del piccolo Herbert; Giraffe, in tedesco pronunciato ad alta voce, suona GiRAFFe, cioè suona come GRAF, cognome, per l'appunto di Herbert.
Per Jean Allouch il "senza barra" della fobia nomina la mancanza della funzione metaforica del padre, allora nel caso di Herbert è per l'appunto l'oggetto fobico che in quanto significante speciale gli apre la dimensione simbolica come tale, lo istaura come soggetto. La giraffa riceve una barra paragonabile a quella di un blasone ma un blasone molto speciale: l'edizione tedesca degli Scritti di Lacan ci ricorda infatti che la barra del $ barrato in Lacan è la barra del blasone del bastardo! E il bastardo non è nessun altro che il figlio illegittimo riconosciuto dal padre e il cui blasone denota questo riconoscimento! E in questo senso che possiamo intendere la frase di Jean Allouch che il "senza barra" nomina la mancanza della metafora paterna. Qui, nel caso del bastardo, è da un padre che esso stesso si è sottomesso al significante, si riconosce desiderante, che il figlio riceve la barra in quanto riconoscimento che anche lui può allora "essere barrato". Direi che è quasi un esempio di ricevimento del dono della castrazione !
La giraffa di Hans è barrata - a suo modo anche perché vi è stato un padre come il Professor Freud ...
Per dirlo con Lacan:
"Il fallo diventa allora la barra che (tramite la mano di questo demone (il pudore)) colpisce il significato, marcandolo come la progenitura bastarda di sua concatenazione significante. E' cosi che si produce una condizione di complementarità nella instaurazione del soggetto tramite il significante: la quale spiega la sua SPALTUNG e il movimento d'intervento in cui si compie. Perché il fallo è il significante privilegiato di questo marchio nel quale la parte del logos si congiunge all'avvenimento del desiderio...." E il piccolo Herbert ne da un esempio...
(inLA SIGNIFICAZIONE DELFALLO)
* d’altronde nella parola tedesca di Giraffe preso come significante si sente anchela GIERl’avidità, segno della bocca spalancata della madre dalla quale il bambino teme di venir divorato. BEGIERDE è una parola tedesca per desiderio – vicino a BEGEHREN, desiderio inconscio rispetto a WUNSCH
Johanna Vennemann
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